Il sole è ormai sorto; i piccoli batuffoli di nuvola hanno cambiato il rosso dell’alba in un delicato bianco rosato; la sottile bruma mattutina che nell’attesa del nuovo giorno sfumava il mondo di languida poesia indugia ancora sul fondo della vallata.
Rientro in camera e faccio amicizia con qualche piccolo grillo, venuto su dai campi vicini, e le verdi farfalline, naturali ospiti della piccola piantagione di pomodori sul retro della casa. Sorridendo controllo che i primi non abbiano scelto per rilassarsi le mie scarpe e riesco a far riguadagnare la "strada di casa" alle seconde, prima che sia già ora di avviarsi in esplorazione del territorio.
Amedeo, il nostro “cicerone” e affabile "padrone di casa" arriva presto.
Intuisco che anche lui, come me, “guarda” ogni mattina il sorgere del sole. Amedeo ha parole brevi e dirette; figlio delle genti di questi monti, esprime nel suo muoversi sicuro e veloce il suo legame indissolubile, la sua appartenenza a questa terra e porta dentro di se la vastità delle sue montagne e l’abitudine a misurare e possedere il tempo.
Non trascura di farmi conoscere ogni più piccolo particolare che ritiene possa essermi interessante e gradito, ma non indugia oltre il necessario, cosa che apprezzo molto, nelle soste per visitare l’antica chiesetta benedettina di San Pietro, ahimè chiusa, o per godere dei panorami mozzafiato intanto che saliamo su, sempre più su, verso il cuore del Gran Sasso.
L’aria si fa sempre più frizzante via via che percorriamo l’ampia gola di terra nuda chiusa tra due ali di roccia; solitaria e lontana una piccola pineta, macchia verde scuro sul fianco della montagna, certamente un angolo meno battuto dal vento freddo che accompagna instancabile l’avanzare dell’autunno.
La neve mi coglie impreparata già un poco prima di Campo Imperatore; riconosco l’inadeguatezza del mio abbigliamento. Avrei dovuto pensarci ed è l’errore più ovvio che commette chi vive nelle “terre del sud”.
Amedeo ci parla di questi monti, dei pastori e del ripetersi, immutato da secoli, del rito della “transumanza” che vede il muoversi delle greggi ad assecondare il ritmo delle stagioni, ci racconta della storia dei popoli che attraversarono nei millenni questi luoghi, delle abitudini semplici e delle tradizioni nella cucina delle genti di montagna.
Non si poteva, quindi, non assaggiare i mitici “arrosticini” fatti di sola carne di pecora, proveniente naturalmente dagli abbondanti pascoli che abbiamo notato salendo su per la montagna, accompagnati dal pane fatto in casa e dal gustoso pecorino di Farindola.
Ma Campo Imperatore aveva in serbo per me inattese e sorprendenti emozioni.
Questa però è un’altra storia…………………
4 commenti:
Una bella sorpresa. Un blog che parla di cucina ma non solo. E lo fa anche bene.
:-)
sempre la numero uno.. un saluto da angela
Per Note disambigue;
Benvenuta e grazie per la visita e per gli apprezzamenti.
Verrò a trovarti spesso.
Un abbraccio............
Per Angela;
Grazie carissima,
il tuo affetto scalda il cuore, i tuoi apprezzamenti sono uno stimolo in più!
Un besito...............
Descrivi in maniera così meravigliosa la mia terra che son felice di aver contribuito a mostrartela. Altri luoghi stupendi vi attendono al vostro prossimo passaggio. Per chi ha occhi per vedere il mondo è pieno di meraviglie e la vostra Calabria non è da meno.
Amedeo
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